mercoledì 29 luglio 2009

pachamama


Nel nord dell´Argentina si incrociano flussi ed arie provenienti da mondi lontanissimi. È qui che la gente europea si mescola con i popoli che giá abitavano queste terre quando Colombo arrivò. E nonostante la distruzione, l´annullamento di culture antichissime c´è qualcosa che a resistito.
La sensazione che si prova davanti alla Pachamama. La Pachamama è la Madre Terra, da cui tutto procede, senza la quale nulla puó esistere. È di fronte a lei che ci si sente piccoli. Proprio vero, come formiche che si muovono senza poter vedere i confini, procedendo a volte a caso. Qui sulle Ande (anche se in realtà questa è considerata solo precordillera, diciamo che sono arrivato solo ai tremila metri...) è percepibile, palpabile la nostra infimità.
E mentre il mare, per quanto immenso, rende un´idea di movimento, di trasporto, invita ad attraversarlo, queste montagne sono statiche. Sembrano dire: noi siamo, tu passi.

Alla Pachamama si offrono i suoi migliori prodotti: foglie di coca, vino, frutta e sigarette (!).

Il primo incontro vero con la Pachamama avviene a Tafì del Valle, paesino turistico dove però non si incontra nessuno lungo il sentiero che conduce alla cima del cerro. Solo croci, cavalli e pecore.


Alla cittá sagrada di Quilmes, dove visse il popolo che ultimo fu sconfitto dagli spagnoli. I sopravvissuti furono tutti deportati a Buenos Aires. I piú morirono nel viaggio. La cittá scomparve, ma ancora oggi - una locale mi ha garantito - si svolgono riti di sciamani dall´antica memoria.

Qui i cardones la fanno da padroni.

Nella quebrada di Cafayate, dove le intemperie hanno scavato gole impressionanti, di color rosso fuoco. La sorpresa è trovare il ritrovo annuale di musicisti e danzatori per ascoltare tradizionali chacarere, zambe, carnavaliti.

Sorpresa è anche incontrare qualche viaggiatore italiano con cui condividere una cena ed una bottiglia dell´ottimo vino locale.

Procedere lentamente con gli stracarichi autobus locali, con l´autista che si ferma a salutare tutti, su strade sterrate, attraverso canyon e gole, distese aride di terra gialla e vermiglia.


O trasferirsi con un gruppo di ragazzi di Buenos Aires su una camioneta per proseguire il viaggio seduti nel cassone, a prendere sabbia in faccia ma a godere di un panorama a trecentosessanta gradi che forse è il piú bello che abbia incontrato in questo viaggio (il meglio deve ancora venire è, lo ricordo, il motto).


Cachi, altro pueblo caratteristico, dalla magnifica piazza piena di botteguzze artigiane.


Come sempre uno dei luoghi piú affascinanti e da cui si gode il panorama migliore è il cimitero.


Da Cachi un nuovo viaggio per scendere da questi immensi altopiani.


Per giungere cosí alla capitale del nord: Salta.
La cittá è graziosissima (qualcuno la paragona anche alla nostra Cortina, visto l´afflusso di turisti), grazie a chiese, palazzi ed un affascinante museo dove sono conservate le mummie di 4 bambini sacrificati dagli Inca alla madre terra. Anche questa è Pachamama.


Anche qui nella piazza uno spettacolo di danze e musiche folcloriche.

Qualcuno in particolare apprezza la performance del cantante di tango locale.

Ultimi giorni sempre piú a nord, verso le terre incaiche.

k

giovedì 23 luglio 2009

ernesto


Terminati i fasti di Buenos Aires (terminati?) mi dirigo verso nord. Sia per sfuggire alla "ola de frío" che sta aggredendo il paese sia per raggiungere terre in un certo senso piú esotiche.

Un percorso attraverso cittá e pueblitos, seguendo un certo filo rosso.
Di un personaggio che viaggió parecchio nella sua vita, prima di tutto per conoscere e rendersi conto di come era il mondo. Un personaggio che tentó di cambiarlo questo mondo e - almeno - moralmente diede un contributo importante.

Qui in Argentina, la sua terra natale, se ne scopre l´aspetto piú umano, che comunque avevo giá avuto modo di assaggiare a Cuba.
Rosario, dove nacque,

é una deliziosa cittadina di provincia,

piena di studenti e non, giovani e meno giovani che amano passeggiare per il corso


o fermarsi lungo il fiume a pescare,

bere un mate (una specie di té dal sapore amaro ma intrigante),

sostare su una panchina all´ombra di un maestoso albero

o al sole vicino al monumento alla bandiera.

Monumento che ricorda fra l´altro quello al marinaio di Brindisi. Un segno che tutto torna, la circolaritá degli eventi?

Un altro segno ben piú esplicito.

Ma c´é ancora tempo...
Cordoba, la seconda cittá del paese é anch´essa cittá universitaria;

qui la densitá di cui parlavo in un post precedente pervade il centro, costellato di edifici baroccamente spagnoli, chiese, municipio, collegi, universitá.

All´ingresso del palazzo delle facoltá un terribile monumento di monito accoglie il giovine: altro che grande fratello!

Un altro monumento ad altra madre addolorata.

In queste cittadine di provincia, piú raccolte e quindi meno dispersive, é piú facile osservare segnali di quelle istanze sociali che ricordano che la lotta non é mai finita.

A causa dell´asma, il piccolo Ernestito, fu portato a vivere in zone piú salubri, come Alta Gracia. In un accogliente villaggio di collina (pare di essere in Brianza... un po´meno velenosa...) trovarono rifugio sia il nostro sia - ad esempio - il musicista spagnolo Manuel de Falla, nella cui casa é ospitato un piccolo museo dedicato alla sua vita ed alla sua opera.
Ma i primi a sfruttare l´aria fina e delicata della zona furono i gesuiti, le cui "istancias" costellano il territorio, tra campi e giardini di aranci.

Anche nella casa della famiglia Guevara é ospitato un museo, dedicato alla sua infanzia, agli incontri, gli amici che influirono sulla sua personalitá.

Mi sono - confesso - commosso vedendo la bicicletta Garelli (?!?) con cui affrontó il suo primo viaggio-vacanza (ti ricordi, Luigi?). Il furbacchione aveva comunque applicato un motorino per facilitare le salite...

Un monumento che rappresenta la forza delle sue idee, resistendo come colonna ai colpi dei nemici.

A proposito, non vi dico cosa scrivono i giornali locali degli affaires italiani... solo mi viene da fare un confronto di statura tra i personaggi...
Tempus fugit.

Obbligatoria un´esplorazione della Sierra.
Il passo del condor. Nome e luogo affascinanti.

Le valli di Traslasierra, dove i torrenti hanno scavato meravigliose pozze dove in estate dev´essere delizioso rinfrescarsi.

Diciamo che mi sento giá fresco e quindi mi limito ad ammirare il paesaggio selvaggio.


E via verso Tucuman, piccola regione dal clima sub-tropicale. Sará ma anche qui fa freddo.
Peró basta un poco di sole a scaldare l´aria e la gente si riversa per le strade affollando mercati e negozi.

La casa dove fu proclamata l´indipendenza dell´Argentina.

Anche qui forti segnali della presenza religiosa.

Persino nei boschi dove sono andato a fare qualche escursione.

Ed anche qui forti i segni dei conflitti sociali, delle ferite non ancora chiuse. Amici locali mi dicono che e´ vivo lo sdegno per le ultime leggi di "riconciliazione". Ma come ci si puó riconciliare quando in ogni - dicesi ogni - famiglia ci sono parenti desaparecidos? Nonostante lo scandalo di queste ultime amnistie, dove praticamente sono stati "perdonati" tutti i responsabili, nessuno - fatto ammirabile - si é fatto giustizia da sé. Ancora si confida nel sistema e ci si affida alla memoria.
Cosí a Tucuman.

Come a Cordoba

Un ultima nota per alcune delle persone che mi hanno aiutato ed ospitato in quest´ultima settimana.
A Rosario

A Tucuman

La musica non é ancora finita

k